Dalla moda alla malga: una “cittadina” diventa cowgirl
Published by Elena Feresin on
Come nasce The Writer's Mountain Hut
Dalla moda alla malga: una "cittadina" diventa cowgirl

Dopo aver preseo una decisione sul trasferimento, è stato un “mountain hut” a rimettere insieme i pezzi.
Quando ho consegnato la lettera di licenziamento, mi sono sentita sollevata ma sapevo anche che presto sarei stata disoccupata. Ero una passeggera su un aereo traballante. Ho alternato momenti di vertigini e ronzio nelle orecchie a momenti in cui il mio stomaco era perennemente contorto e il mio cuore stazionava in gola.
Il bisogno di respirare
Avevo paura e avevo bisogno di schiarirmi la mente. Avevo bisogno di respirare aria pura. Ebbene, se c’è un luogo che garantisce aria pura, è un rifugio a 1600 metri di altitudine.

Un’amica conosceva il proprietario di “Malga Pozof”, Michele. Malga Pozof è una splendida malga sulle pendici del Monte Zoncolan, Friuli-Venezia Giulia. La famiglia di Michele possiede circa 50 mucche che ogni estate trascorrono le loro giornate sulla punta della montagna che la stragrande maggioranza conosce come il paese delle meraviglie dello sci e la salita più difficile del Giro d’Italia.
Michele e la sua famiglia producono latte, formaggio, ricotta, yogurt e ogni altra specialità casearia a cui si possa pensare.
Il bisogno di sporcarsi le mani
Desideravo “sporcarmi le mani”. Fare qualcosa di pratico per distogliere i miei pensieri dai miei problemi.
Ci sono poche aziende che offrono un buon marketing qui in Friuli, ero preparata a non trovare qualcosa di affine al lavoro che avevo perso. Avevo perciò bisogno di dimostrare a me stessa che ero abbastanza forte per affrontare qualunque sfida la vita mi avrebbe messo di fronte. Volevo mettermi alla prova. La vita della Malga non poteva essere più lontana da quella che avevo vissuto fino a quel giorno. Se fossi potuta sopravvivere a quella, avrei potuto affrontare qualsiasi cosa.
Così ho pregato Michele di assumermi per la mia unica settimana di ferie. Ho offerto la mia buona volontà e capacità inesistenti in cambio di un posto dove stare e dei pasti.
Il 12 agosto 2018 ho guidato la mia Fiat 500 sulle ripide pendici del Monte Zoncolan per iniziare la mia nuova avventura.



La cittadina
Sono stata subito battezzata “La cittadina” e sono stata vista con un po’ di diffidenza dalle donne che lavoravano lì. Ero un’impiegata con un lavoro nella moda, e probabilmente pensavano che sarei scappata al primo problema. Ma non l’ho fatto. La mia esperienza lì era in realtà la mia vera fuga dai problemi che avevo a casa.
Fatta eccezione per il bagno spartano, mi sono sorpresa di me stessa. Ero lì per oltrepassare la mia zona di comfort, ma mi sono adattata subito alla vita in Malga. Anzi, mi sentivo più a mio agio lì di quanto non mi fossi mai sentita ad un lussuoso evento a Milano.
Sono stata subito messa al lavoro. Ho servito e pulito i tavoli. Ho aiutato a preparare il cibo per il giorno successivo. Quando il mio primo giorno finì, mentre giacevo nel mio sacco a pelo, mi ritrovai felicemente stanca e finalmente con la mente vuota.
Non è stato sempre facile, ma porterò sempre con me le lezioni che ho imparato lì. Bruce Springsteen ha detto: “Abbiamo imparato di più da un disco di tre minuti, piccola, di quanto abbiamo mai imparato a scuola“. Questo vale per me e per la malga.
Ho conquistato presto la fiducia delle mie compagne di lavoro, ma più di qualche volta mi sono sentita come “la cittadina” che in effetti ero.
Vivere la montagna per davvero
Fin dagli anni dell’università sono sempre stata abituata a fare la pendolare per almeno mezz’ora al giorno. In malga il mio posto di lavoro corrispondeva a casa mia. Dieci passi separavano il mio sacco a pelo dalla cucina. Il bagno era dall’altro lato del cortile. Sentire il bisogno di fare pipì di notte significava correre in pigiama con 10 ° fuori.
In montagna, i negozi più vicini sono a 40 minuti di strada ma le montagne sono come un frigorifero a cielo aperto. Ci sono frutti di bosco, erbe aromatiche e funghi. Le mucche danno latte, formaggio e carne. Le galline producono uova ogni giorno. Non c’è davvero molto altro di cui una persona ha bisogno. Mi ha fatto ripensare a tutte le volte che sono entrata in un centro commerciale solo per comprare un oggetto inutile e devo ammettere che mi sono vergognata un po’ di me stessa.
La peggiore vergogna però l’ho avvertita quando, il penultimo giorno, ho sentito una mucca urlare per la perdita del suo vitellino che era stato venduto ad altri allevatori. Ulderica pianse tutta la sera. Mentre la sentivo piagnucolare, non riuscivo a smettere di pensare alla borsa Dolce & Gabbana da 500 €, in pelle di vitello ovviamente, che avevo comprato pochi giorni prima della mia avventura.
Forse sarebbe stato più facile ascoltare Ulderica se non avessi assistito al mio primo parto un paio di giorni prima. Ho assistito in silenziosa estasi alla nascita di un vitellino e sebbene la cittadina dentro di me vomitasse disgustata, io non riuscivo a distogliere lo sguardo. Ho accolto Billy con le lacrime agli occhi e il cuore pieno.



Dopo il parto, sono tornata in cucina dove le donne stavano preparando il cibo per il giorno successivo. Mentre mi sedevo con loro, narrando ciò che avevo appena visto, ho sperimentato qualcosa di cui avevo sempre sentito parlare nei libri di storia. Una comunità di donne (e uomini) raccolta intorno allo spolert (la tipica stufa friulana) a parlare di lavoro e di vita. La mamma di Michele, None Melie (nonna Melie, come diminutivo friulano del suo nome, Amelia) mi ha istruito sul modo corretto di mescolare la polenta e con dolcezza materna ha detto. “Impara questo e renderai felice tuo marito.”
La femminista dentro di me avrebbe criticato la netta divisione del lavoro tra uomini e donne. Avrei potuto ribattere che in una coppia non è solo compito delle donne compiacere l’uomo. Ma la verità è che sentivo che Melie mi stava trasmettendo le sue conoscenze. Stava trasmettendo a una sconosciuta il suo amore per il lavoro e l’importanza di prendersi cura delle persone che ami. Era il tipo di consiglio che mia nonna, mamma di mamma, avrebbe potuto darmi se non ci fosse stata portata via troppo presto.
Credo che questo tipo di comunità di donne dovrebbe ancora essere fondamentale nella nostra società.
Le conoscenze che stiamo perdendo
Anche se la stragrande maggioranza delle ragazze è ora ben istruita, stiamo perdendo questa antica conoscenza del mondo femminile. Il sapere che per secoli è stato tramandato di madre in figlia. Nella società moderna, nessuno ci insegna come prendersi cura dei neonati, per esempio. La maggior parte di noi sperimenta i bambini per la prima volta dopo averli partoriti.
Quella comunità femminile che si riuniva intorno allo spolert non ha ancora trovato un sostituto nel mondo moderno.
Cosa ci stiamo perdendo, così avvolti dalla fretta? Cosa non stiamo più imparando?
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