Perchè ad Halloween si intaglia la zucca?

Published by Elena Feresin on

La storia di Jack of the Lantern rielaborata da me

Jack o'lantern

Oggi nella mia baita immaginaria siamo in vena di leggende al lume di candela, anzi al lume di una zucca di Halloween intagliata. La storia di Jack of the Lantern si perde nelle fitte trame della storia, ma qui sotto te la racconto rielaborata a modo mio, per rispondere alla domanda che ogni Italiano si fa in questo periodo: perché ad Halloween si intagliano le zucche?

Cosa leggerai in questo articolo:

Jack e il diavolo

La mia storia inizia in modo simile a molte altre.

C’era una volta un uomo che aveva tutto: una moglie, una figlia, un buon lavoro e una mente acuta.
Molti concordavano sul fatto che l’uomo avrebbe potuto usare cotanta mente per diventare ricco, ma a lui piaceva essere un fabbro e in particolare intarsiare croci d’argento.
La vita dell’uomo cambiò radicalmente quando sia sua moglie che sua figlia si ammalarono. Era una semplice influenza, ma fu sufficiente per portare entrambe sul letto di morte. Anche l’uomo avrebbe voluto morire ma, per quanto forte baciasse entrambe e implorasse la morte di prenderlo, le sue preghiere non ebbero riscontro. A peggiorare le cose, la moglie gli fece giurare, su una preziosa piccola croce che lui le aveva regalato anni prima, che sarebbe sopravvissuto, si sarebbe risposato e sarebbe stato felice.

Quell’uomo ero io, Jack.
Ho mantenuto la mia promessa, sono ancora vivo, anche se a rimanere è a malapena l’ombra dell’uomo che ero un tempo
Non mi importa di niente e di nessuno, nemmeno di me stesso. Il mio unico desiderio è preservare ciò che la mia amata moglie e figlia hanno posseduto.
Odio le persone e le persone odiano me. Disprezzo vederle possedere ciò che ho perso, quindi mi arrabbio, urlo e a volte uso la mia mente per giocare brutti scherzi a chi incrocia la mia strada. Coloro che una volta mi lodavano, ora sono contenti che io sia solo un semplice fabbro.

È buio pesto quando esco dal cimitero l’ultimo giorno di ottobre. Mi trascino sulla strada di ciottoli verso il pub. La mano sinistra stringe una bottiglia di whisky, mentre la destra è ficcata nella tasca del cappotto dove, accanto alla croce di mia moglie, calcolo quanti spiccioli mi rimangono per bere tutti i miei dispiaceri.
Sto ancora contando quando mi imbatto in un grosso sacco nero nel bel mezzo della strada. Lo infilzo con la punta dello stivale e questo scoppia in una nuvola di polvere che si rimodella nella forma di una creatura alta e sottile che ricorda una mantide. Al posto della faccia, c’è un buco nero senza fine. Dovrei essere spaventato, immagino, ma non riesco a smettere di fissarlo.

Sai chi sono? Chiede la creatura.
Singhiozzo e bevo le ultime gocce di whisky. Cosa ti fa pensare che mi importi?
La mantide mi troneggia feroce e minacciosa. Tu, uomo disgustoso. Sono il Diavolo e sono venuto a prendere la tua anima.
Singhiozzo ancora. Una parte di me vorrebbe arrendersi e porre fine alla mia vita miserabile. Ma poi penso all’ultima promessa fatta a mia moglie e mi arrabbio. Ripenso a come tutte le mie preghiere siano rimaste inascoltate e decido di usare la doti della mia mente per ingannare il Diavolo.
Scuoto la mia bottiglia vuota. Sarò anche disgustoso, ma non puoi negare a un uomo morente un ultimo goccetto.
Il Diavolo vacilla ma si fa da parte e annuisce in assenso. Mentre camminiamo studio la mia prossima mossa.
Al pub annuso l’odore acre di vino stantio mescolato al vomito, oramai così famigliare, e mi siedo all’estrema sinistra del bancone dove faccio cenno al vecchio Gustav di portarmi l’abituale cicchetto con il peggior whisky in suo possesso.
L’alcol mi riempie le narici e la mia mente nuota in un confortevole intorpidimento. Scolo l’intero bicchiere e il diavolo si avvicina.
È ora, dice.
Quando mi alzo, Gustav mi fulmina con lo sguardo. Non pensare di andartene di nuovo senza pagare, bastardo.
Sorrido rigido e mi volto verso il mio sinistro compagno di bevute. Sei vuoi la mia anima, il minimo che puoi fare è pagarmi da bere. Trasformati in una moneta.
Il Diavolo protesta, mi travolge con il suo respiro mortale ma si restringe nelle dimensioni di un penny, proprio al centro del mio palmo. Serro le dita attorno all’infernale denaro e lo sostituisco con una delle monete nella mia tasca. Sorrido tronfio e beffardo. Ho intrappolato il Diavolo nella mia tasca, e ora che si trova faccia a faccia con il mio crocifisso non può scappare.
Una volta fuori dal pub, in un vicino campo di rape, sento la moneta bruciare e decido di giocare tutte le carte.
Lasciami uscire. Urla il Diavolo.
Facciamo un affare. Propongo. Un altro anno in cambio della tua libertà.
È tutto?
Cos’altro potrebbe chiedere un uomo in punto di morte se non altro tempo?
Il Diavolo sospira ma mi concede il tempo che chiedo e mentre lo libero dalla stretta divina, svanisce già nell’umidità della notte.

Un anno dopo…

Ottobre ritorna e nulla è cambiato. Sono ancora amareggiato e ubriaco ma da un anno mi porto sempre appresso svariate crocifissi, nel caso in cui il Diavolo decidesse di tornare da me.
Non so ancora se voglio vivere o morire. Credo che più della voglia di vivere, sia l’avarizia ad incatenarmi a questo mondo.
Ciondolando nel mio giardino, noto quanto mi assomigli nell’aspetto esteriore. Le erbe sono selvagge e incolte come la mia barba. I frutti, soprattutto mele, qui crescono ancora mentre io sono quasi morto.
Quando il Diavolo arriva, l’aria assume una minacciosa sfumatura di rosso.
È ora che tu venga con me.
Sono pronto ma ho un ultimo desiderio. Rispondo.
Non ti porterò al pub.
Non voglio che tu lo faccia, ti chiedo solo di prendermi quella mela lassù. Indico il frutto lontano sull’albero più alto e mentalmente conto tutte le croci che ho con me.
Con mia grande sorpresa, il Diavolo mi concede anche questa richiesta e mentre sale, sferro tutte le mie armi senza lama e circondo la base del melo del loro potere divino.
Mi hai ingannato di nuovo. Urla il diavolo una volta capito il mio trucco.
Concedimi altri anni. Continuo.
No.
Allora resta lì con le mele. Io vado a bere.
Faccio per andarmene quando odo gridare il mio nome.
Promettimi che mai e poi mai reclamerai la mia anima. Dico.
Lo prometto, grugnisce il Diavolo e anche questa volta lo libero dalla sua prigione.

Qualche anno dopo

Finalmente il momento è arrivato. Sono morto.
Mi aspettavo di provare dolore ma l’alcol ha intorpidito anche questa parte della mia vita. L’aldilà è rumoroso con tutte le anime pronte a trapassare verso l’aldilà. Alcuni urlano, altri implorano di tornare indietro, ma io li ignoro e mi metto silenziosamente in fila attendendo il momento in cui incontrerò di nuovo la mia famiglia.
Sono Jack, dico alle porte del paradiso quando giunge il mio turno.
Non c’è nessun Jack qui, prova dal Diavolo. Avanti il prossimo. Afferma una voce celestiale dall’alto.
Deve esserci un errore, indugio con rabbia.
Non ci sono errori in paradiso.
Mi ritiro lontano dalla folla in una zona grigia, nebbiosa, e sento un segnale acustico costante nella mia testa. Se non fossi già morto, giurerei di stare per svenire.
Diavolo, urlo. Diavolo, per favore vieni.
La nebbia si addensa e spessi cancelli di ferro appaiono davanti a me.
Guarda chi si rivede, dice la voce familiare. Cosa posso fare per te?
Sono pronto a seguirti.
Il Diavolo ride. Mi dispiace Jack, mi hai fatto promettere di non reclamare mai la tua anima. Non ti farei mai torto simile.
La nebbia scompare e ci ritroviamo di nuovo nel campo di rape vicino al pub.
Mi piaci, Jack, sei stato l’unico che mi ha tenutotesta e io ti aiuterò. Prendi questo carbone ardente. Dice il Diavolo deponendo il carbone all’interno di una rapa vuota.
Cosa dovrei fare con quello? Chiedo.
Il Diavolo scuote le spalle prima di lasciarmi solo. Quello che hai fatto per tutta la vita: cercare il tuo inferno in terra.

Ti chiedi dove sono adesso? Ovunque e in nessun luogo.
Mi invocano ad Halloween ma io sono sempre in giro. Il Vagabondo con la rapa da compagnia.

Se vedi una luce sospesa a mezz’aria quindi, nel profondo delle notti di ottobre, sono io che sconfino nel mio dolore, sospeso proprio dove il Diavolo mi ha lasciato, nel baratro tra il regno dei vivi e quello dei morti.

Elena Feresin


2 Comments

sequel · Dicembre 30, 2020 at 7:24 pm

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