I fantasmi di Pietra di Mauro Corona

Published by Elena Feresin on

I fantasmi di pietra di Mauro Corona: alla scoperta della Erto che non c'è più

copertina i fantasmi di pietra di Mauro Corona

I libri di Mauro Corona sono sempre stati presenti nella mia libreria. Li ho letti in diversi momenti della mia vita ma solo ultimamente ho iniziato a comprenderli. “I fantasmi di pietra” ad esempio, l’ho capito solo di recente dopo aver visitato molti paesi che ormai non esistono più (non preoccuparti, se vorrai visitarli trovi qualche link in fondo all’articolo).

Valutazione

4/5

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Di cosa parla I fantasmi di Pietra? Ecco la trama

Mettiamo subito le cose in chiaro. I fantasmi di pietra non è un romanzo e come tale non ha una trama ben definita.

Nel libro I fantasmi di Pietra il lettore accompagna Mauro Corona in quattro camminate tra le strade del suo paese natale: Erto. Quattro strade principali, quattro stagioni per quattro malinconiche passeggiate in cui l’autore rivive i tempi d’oro in cui Erto era un paese vivo e abitato.

A testimonianza del passato di Erto rimangono ormai solo pietre silenziose che a Mauro Corona ricordano frammenti di passato.

Ecco quindi che ogni casa, ogni muretto, ogni pietra sblocca un ricordo, come la Madeline di Marcel Proust, e diventa il pretesto per raccontare le storie degli abitanti di Erto e farli rivivere nello spazio di una passeggiata.

Cosa mi è piaciuto de I fantasmi di Pietra di Mauro Corona

Nel descrivere la trama di I fantasmi di Pietra ho volutamente evitato di menzionare l’evento che ha contributo a svuotare Erto. Il 6 ottobre 1963 una frana si è staccata dalle pendici del Monte Toc e si è inabissata nelle acque del lago artificiale creato dalla Diga del Vajont. L’onda creatasi ha spazzato via i paesi di Longarone, Erto e Casso che sono stati successivamente ricostruiti più in alto.
Sebbene sia chiaro che “il Vajont” sia stato il colpo di grazia per Erto vecchia, le parole di Mauro Corona lasciano intuire che la fine di Erto fosse iniziata molto prima.

Fantasmi di pietra... scomoda

Palcoda
Il paese abbandonato di Palcoda in Val Tramontina

Mentre leggevo I fantasmi di Pietra ho visitato i paesi di Stavoli di Moggio, Palcoda e Tamar ed è stato facile associare quanto scritto da Mauro Corona con quello che mi stava davanti.

Ad un occhio degli anni 2000 sembra quasi impossibile che in certi luoghi ci fosse così tanto movimento da richiedere la costruzione di un villaggio. Sono paesi ormai lontani dalle strade asfaltate, dai servizi, così racchiusi tra le montagne da essere difficili da raggiungere anche per il segnale telefonico. Agli occhi dei moderni sono posti scomodi, ed è proprio l’assenza di comodità ad averli fatti morire, non eventi catastrofici come il Vajont o il Terremoto del 1976. La tragedia semmai è stata solo il colpo di grazia.

Leggere I fantasmi di Pietra di Mauro Corona mi ha aiutato a popolare le pietre che avevo visto durante le camminate. Mi ha fatto vedere le possibilità legate a quei luoghi. E se da un lato quel tipo di vita appare come idilliaca e meno stressante rispetto a quella moderna, l’autore ne mette in luce anche i lati oscuri.
Non saprei dire se quelle persone vivessero meglio o peggio di noi, ma mi sono fatta l’idea che la vita ideale sia nel mezzo, in una condizione di equilibrio. Quella descritta ad esempio da Paolo Cognetti ne Le Otto Montagne e ancor più ne Il ragazzo selvatico.

Cosa non mi è piaciuto de I fantasmi di Pietra di Mauro Corona

Quando si legge Mauro Corona, a mio avviso, bisogna scindere il contenuto dalla forma. Il contenuto è interessante, la forma molto spesso lascia a desiderare. Nel libro ci sono parecchie ripetizioni e il racconto non è sempre chiaro.

Inoltre I fantasmi di Pietra è uno dei libri in cui Corona espone la vita a Erto come la migliore possibile. I “foresti” sono sempre tonti, troppo materialisti e legati a cose futili. Il racconto non è sempre accogliente nei confronti del lettore. E se i più nostalgici si ritroveranno nelle parole di Corona, altri potrebbero sentirsi esclusi e poco invogliati a scoprire il mondo che l’autore descrive.

Elena Feresin


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