Nascere nella Cenere di Barbara Vuano

Published by Elena Feresin on

Nascere nella Cenere di Barbara Vuano: le testimonianze delle ultime ostetriche condotte in Carnia

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Se ti chiedessi di immaginare la scena di un parto, probabilmente l’ambienteresti in una stanza d’ospedale.

Partorire in ospedale è qualcosa di molto moderno. Barbara Vuano nel suo saggio “Nascere nella cenere” raccoglie le testimonianze, raccontate tramite la voce delle ostetriche, degli ultimi parti in casa avvenuti in Carnia prima del 1978, anno di apertura del reparto di ostetricia presso l’Ospedale di Tolmezzo.

Un libro consigliato ai moderni amanti della montagna per scoprire un insolito risvolto della vita tra i monti ma soprattutto alle donne perché…nell’articolo ti spiego.

Valutazione:

4/5

Di cosa parla Nascere nella Cenere di Barbara Vuano?

Secondo dopoguerra. Carnia. Dieci donne. 5 ostetriche e 5 partorienti. Questi gli elementi di partenza di Barbara Vuano nella sua ricerca, partita dalla tesi di laurea, di modi, saperi e azioni delle donne nei momenti cruciali della gravidanza, del parto e del puerperio.

Fino al 1962, partorire in casa era la norma. Attraverso le interviste, Vuano ha cercato di capire quali siano stati i passaggi che hanno portato ad una totale medicalizzazione del parto.

“Prima” venire al mondo era un rituale gestito in toto dalle donne. Un sacro e mistico momento di passaggio, complice la mancanza di personale, è diventato mera procedura tecnica scandito da costi e tempi stretti da rispettare.

Nei primi anni, a Tolmezzo l’assenza di un reparto di ostetricia permise la sopravvivenza anche in ambito ospedaliero di procedure e pratiche legate all’esperienza precedente.

I rituali

L’olio di ricino. Le visite fatte dagli occhi esperti dalle comari. I periodi di riposo post-partum (anche quaranta giorni). I due giorni d’attesa prima dell’allattamento. Le placente sepolte. Le “vecchie” sempre pronte ad aiutare.

Questi sono solo alcuni dei gesti che accompagnavano le donne durante l’attraversamento di quella soglia che forse più di ogni altra porta a ridefinire la propria identità.

Le parole delle ostetriche

Sul sito della casa editrice del libro, Forum Editrici, sono disponibili dei contributi audio collegati al libro Nascere nella Cenere. Si possono ascoltare le parole delle ostetriche condotte e delle madri.

Cosa mi è piaciuto di Nascere nella Cenere

Nascere nella Cenere di Barbara Vuano è un saggio avvincente come un romanzo.

Ho letto con un misto di tenerezza e “nostalgia” i racconti delle ostetriche, mi sono immedesimata nelle parole delle puerpere.

Nella mia cerchia di amicizie, i racconti dei parti moderni si susseguono e io, leggendo questo libro, non ho potuto fare a meno di riflettere su tante cose.

Cosa abbiamo guadagnato e cosa abbiamo perso

Partorire non è mai stata una passeggiata, è appurato. La medicalizzazione del parto ha portato tanti benefici. Gli spazi sono adeguati, gli ambienti sterili, le equipe pronte ad intervenire in caso di problemi. Abbiamo persino trovato un modo per ridurre il dolore

Al netto degli imprevisti, probabilmente le donne di una volta avrebbero fatto firma per partorire con tutte queste sicurezze.

Come in una bilancia però, il piatto della sicurezza si è fatto più pesante a discapito di qualcos’altro. Qualcosa che, leggendo Nascere nella Cenere, rimpiango senza nemmeno essere incinta. Di seguito ti spiego cosa.

Il lusso di avere tempo

Il mondo è scandito dal mantra “il tempo è denaro” ma il nostro corpo animale parla una lingua differente.

I punti nascita sono pochi, il personale è tirato, il parto è un costo alto per lo stato. Così, per mantenere in vita un’ostetricia, bisogna farne tanti di parti. Giustificare i costi. Tenere le donne in ospedale solo lo stretto necessario.

E se il parto è lento? Beh lo si velocizza con i farmaci.

Le donne di una volta avevano il lusso del tempo. Aiutate dalle ostetriche condotte, che spesso assistevano le partorienti dall’inizio alla fine del parto, restavano sintonizzate ai ritmi del proprio corpo e non a quelli dell’ospedale.

Da incinta sei importante, da madre sei sola

Questo è forse l’aspetto che più mi ha colpita.

Oggi la gravidanza è molto protetta. Le visite sono frequenti, gli esami dettagliati. Ci sono i parcheggi rosa, le casse preferenziali e i corsi preparto. Chi fa un lavoro a rischio è esonerata dal lavoro dal momento in cui il test è positivo. Tutto giustissimo.

Poi il pargolo nasce. Per tante, il primo neonato preso in braccio è il loro. E tutta la protezione sparisce. La madre rimane sola ad attraversare la soglia.

Nel passato avveniva l’esatto opposto. Le donne lavoravano nei campi fino all’ultimo secondo ma dopo il parto potevano lasciarsi cadere in una solida rete di sostegno fatta dalle altre donne della famiglia.

Qualcuna veniva costretta a letto e riverita fino a quaranta giorni dopo il parto, quando avveniva un rituale di purificazione. In quei giorni veniva riconosciuto un periodo di fragilità in cui la donna doveva trovare la quadra della sua nuova condizione di madre.

La comunità di donne

Le donne erano custodi di vita e di morte. Mentre gli uomini erano fuori casa, attorno al focolare si creava una comunità compatta di mutuo supporto. Tutte avevano assistito ad un parto, tutte sapevano accudire i bambini, tutte potevano aiutarsi.

Sono orgogliosa di tutti i traguardi che come donne abbiamo raggiunto in termini di indipendenza, ma so se noi moderne abbiamo fatto bene a lasciare andare questo legame.

Il maschile che invade il femminile

Il parto in casa aveva una dimensione del tutto femminile che è andata sempre più sfumandosi man mano che le nascite venivano spostate in ospedale.

Negli anni 70, nell’ospedale di Tolmezzo le redini dei parti passaroo dalle mani delle ostetriche condotte a quelle dei ginecologi. È stato il definitivo divorzio tra sapere pratico e sapere teorico.

E il parto, atto sempre appartenuto alle donne, è diventato atto medico, di pertinenza di tecnici, per la gran parte maschi.

Forse questo è un ambito in cui al femminile deve essere lasciato il potere di governare.

E ora?

I problemi dei reparti di ostetricia legati a costi e al poco personale stanno venendo a galla. Ma sono soprattutto le donne che cercano di ricucire il cordone ombelicale con un sapere antico che è andato perso.

Viviamo circondati da macchine ma noi non lo siamo. Cercare di forzare i nostri ritmi naturali affinché si adeguino a quelli di un computer è controproducente oltre che dannoso.

Quello che dovremmo perseguire, secondo il mio modesto parere, è un equilibrio in cui ogni pratica è governata dal buon senso più che dalle macchine. Guardare con il giusto spirito critico il progresso.

Perché, parafrasando un pensiero di Yvon Chouinard, fondatore di Patagonia, “non può esserci una crescita illimitata su un pianeta limitato.” Prima o poi, anche noi occidentali dovremo guardarci indietro. Oppure attorno.

E se vuoi scoprire la Carnia ecco le escursioni più belle

Se leggere della Carnia ti ha fatto venire voglia di camminare. Qui trovi le più belle escursioni tra Carnia e Dolomiti Friulane.

Elena Feresin


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